Nella letteratura italiana di questi anni conta molto la storia che ha segnato la vita di tutti, la ricerca di complici e succubi, come si volesse rispondere alla domanda “da dove veniamo?” e “perché siamo coma siamo?”. Paolo Valloppi con Mio padre avrà la vita eterna ma mia madre non ci crede (Feltrinelli, 2024), suo primo romanzo, sceglie con ottimi risultati di narrare i propri complessi familiari. L’ho letto con molta curiosità e per questo vi propongo la recensione del libro.
Come ogni storia di formazione, intrecciata a eventi traumatici, mai drammatici, poteva restare materia di introspezione dei rapporti e di indagine sociologica. Un salotto intellettuale della Roma degli anni Novanta; una famiglia allargata, illuminata di stravaganze religiose e culturali; il padre architetto, vinto dall’utopia di un mondo giusto e equo, e la madre insegnante laureata in lettere classiche e prima libraia; l’abitazione parcamente arredata, signorile senza strafare, con molti libri e figli, nati da diversi legami. L’una e l’altra sono invece trasfigurate in un flusso narrativo che parte dall’interno dello sguardo del protagonista, il quale dall’età di otto anni registra con meticolosa attenzione fatti, azioni, nomi, gesti, atmosfere come una telecamera indulgente, accesa sulla sua stravagante famiglia.
Babilonia la grande
Mentre cerca il suo posto nel mondo, il padre diventa testimone di Geova e la coppia si separa. L’io narrante inizia a vivere tra l’appartamento di sua madre e lo studio del padre. Schiacciato come in un sandwich, con la voce di un timido, Paolo attinge all’ironia della madre, che le consentiva di trattare il suo uomo e la sua religione con distacco e leggerezza.
Condotto alla adunanza e ammaestrato dalle parabole bibliche, Paolo conosce la madre delle meretrici, Babilonia, con le braccia scoperte, i piedi nudi, le guance truccate, come tutto quello che incarna lussuria, passione, sregolatezza. Eppure lo segue alle noiose adunanze della domenica, dove ci tiene a fare bella figura davanti a lui.
“Mi sono spesso chiesto se la mia natura accondiscendente, diplomatica, prudente, restia ai conflitti, abbia avuto origine da quel senso di colpa. Da quella volontà di non voler scontentare mio padre; dalla paura di deluderlo; di volerlo, la maggior parte delle volte, assecondare, barcamenandomi tra i suoi desideri e quelli di mia madre.”
Barcolla mentre cammina, cade facilmente e si rialza. Fin dall’inizio il protagonista narrante si presenta a bocca aperta. Pagina dopo pagina, il suo complesso si dissolve in parole: ne riandare alle circostanze che lo hanno fatto brevemente naufragare nel regno dei testimoni di Geova, condotto dal padre. Con una distanza compiacente e pietosa, le vicende di Paolo e dei suoi genitori, della sua famiglia allargata sono narrate con acuta intelligenza, constatazione dell’umana fragilità che più non terrorizza.
La protesta
La struttura profonda del testo, che procede per intreccio, sembra appoggiare sul gioco continuo di simmetrie imperfette del doppio amore: i due genitori, con i quali la questione edipica è in gran parte risolta; i fratelli che sono emanazione di diverse istanze del padre; la doppia coscienza del narratore che sviluppa un distacco rispetto all’ubbidienza supina a Geova e ai suoi fedeli ma che rimane circoscritto, però, alla velleità, alla dinamica del rapporto competitivo del padre e della madre. Paolo vede, sa e ricorda e lentamente le sue azioni cambiano. Eppure, quell’andare avanti non si traduce in un atto estremo ma in una nuova forma di pensiero e di distacco.
E allora, dopo le delusioni della bocciatura al liceo, ecco gli anni dell’università, gli amori, l’umoristico accumulo del respiro nei petti, l’immenso equivoco su cui ogni credo su cui tutto si sostiene. Così un certo inevitabile effetto “Figurine Panini”, ovvero la celebrazione sentimentale della propria crescita e formazione, è come attraversata da una cognizione umoristica della realtà. La protesta risentita contro un Dio imperscrutabile, il grido silenzioso contro il non senso di una religione, si aprono nelle pagine di Paolo Valloppi imprevedibilmente all’emozione lieve che di dà il sorriso, il riso di un giovane che sa imparare dai suoi errori e diventa libero di fare la sua “personale, e pagana, esperienza del mondo”.
In modo analogo, senza più un Dio a vegliare su di sé, l’irraggiungibile padre finirà con l’apparirgli, e apparirci, terribilmente vicino. Forse per questo, amandolo, vorrebbe che scomparisse – quando si trasferirà in Ciociaria e le comunicazioni si ridurranno a brevi aforismi via cellulare. Ecco, questa necessaria volontà condivisa di sparizione nasce proprio dal riconoscimento, non più traumatico, di una misteriosa comunanza d’affetti.
Nessun spreco di parola
La lingua è cristallina ed essenziale. Nessun spreco di parole, immagini molto vivide ed espressioniste. Il risultato è una scrittura molto precisa e sorprendente. Cominciate con pazienza e inoltratevi nella lettura: in ogni caso, fra sentieri e spiragli, troverete una prosa già matura, in grado di far ordine nel caos di ricordi, di emozioni, di parole. Uno scrittore è anche e soprattutto la sua lingua. Intento a cogliere in ogni vicenda il dettaglio laterale o la ferita segreta che Roland Barthes ha chiamato il punctum e che costituisce di ogni singolo individuo “il supplemento intrattabile della verità”. Con un sorriso. – Carlo Albarello
8 risposte
Grazie Carlo, una recensione memorabile che invita alla lettura.
Cara Anna, grazie per le belle parole. Sono certo che la lettura del libro ti sorprenderà. Se vorrai, sono curioso di leggere qui le tue impressioni una volta terminata.
Interessante libro, la recensione invoglia ad acquistare e a leggere il volume. Grazie. Mauro Bertulli.
Saremo felici di leggere le tue impressioni a lettura terminata.
Complimenti a Carlo per la recensione!!! Invita alla lettura anche chi come me, sommerso dal lavoro, può dedicarci solo poco tempo!
Spero che tra un lavoro e l’altro tu possa leggere questo bel romanzo di formazione e farci conoscere le tue impressioni.
Che bello leggere questo punto di vista! Ho letto il libro e questa recensione gli rende pienamente giustizia, da grande fan di questa storia e del suo autore non posso che essere d’accordo. Grazie per il bel lavoro!
Grazie, Chiara, soprattutto a Paolo Valoppi, che ci stupirà spero con un nuovo prossimo romanzo.