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Intervista: Cristina Alziati, Quarantanove poesie e altri disturbi

Andrea Carloni intervista Cristina Alziati, poeta, tornata in libreria dopo alcuni anni di silenzio con "Quarantanove poesie e altri disturbi" (Marcos y Marcos, 2023). L'ha incontrata in occasione di Vive Voci 2023 - II edizione del Festival della poesia contemporanea di Padova.

Cristina Alziati è nata nel 1963 e ha studiato filosofia. Vive a Bolzano. Il suo esordio poetico risale al 1992, quando una sua silloge, presentata con grande convinzione da Franco Fortini, esce in un’antologia. Nel 2005 pubblica il suo primo libro, A compimento (Manni), che nel 2006 si aggiudica il premio internazionale di poesia Pier Paolo Pasolini e giunge finalista al premio Viareggio Opera prima. Nel 2011 Marcos y Marcos dà alle stampe Come non piangenti (2012), premio Pozzale Luigi Russo (2012) e premio Stephen Dedalus (Pordenonelegge 2013); la raccolta ispira Carlo Boccadoro, che compone quattro Lieder per mezzosoprano e pianoforte (Ricordi, 2013).

Quarantanove poesie e altri disturbi (Marcos y Marcos, 2023), è il titolo della sua ultima raccolta che pochi giorni fa ha presentato al festival di poesia contemporanea Vive Voci 2023, organizzato da Carlo Albarello in collaborazione con il comune di Padova. In tale occasione ho avuto modo di incontrarla e proporle questa intervista a cui ha gentilmente accettato di rispondere.

La raccolta si apre con una Risposta (titolo anche della poesia) che antifrasticamente si sconfessa: abbiamo dunque un nuovo libro di versi. Come è stato scrivere e pubblicare di nuovo dopo quasi dodici anni?

“Come farai – domandavi una volta –
a scrivere ancora
dopo l’ultimo tuo libro di versi
come farai adesso?” Infatti non scrivo.

Il tempo, gli anni andati, sono evidentemente anni di sedimentazione – me ne sono accorta quando, in modo inatteso e, tutto sommato, repentino, mi sono trovata seduta a un piccolo tavolo a scrivere la maggior parte dei versi della mia ultima raccolta in poche settimane. Ho lasciato affiorare dal vissuto di un decennio immagini, posture, voci – come affiorassero da quanto di più vicino, prossimo, per nulla lontano.

Nella sezione introduttiva del libro, intitolata con un * (asterisco), la poesia Avvertenza ci presenta una distinzione ciò che “esiste” da ciò che è “finzione”. In che termini lo scontro fra ciò che è reale e ciò che non lo è può essere una chiave di lettura per tutte le poesie della raccolta?

I favolosi nuvoli e i germogli
e i rovi esistono, e l’insensata
chiarità dell’alba e la mia grande
stanza. Tutto questo esiste.

Non tanto uno scontro fra reale e non reale vuole essere una chiave di lettura. La poesia Avvertenza intende piuttosto suscitare un senso di spiazzamento: vi sono citati elementi delle mie precedenti raccolte, alcuni dei quali sono detti reali (immagini del mondo della natura), mentre altri sono detti finzione (fatti storici, o di cronaca). Il libro è scritto in un frangente in cui la comunicazione, che presuppone il dialogo inteso come costruzione di oggetti comuni, in tal senso “veri”, è saltata; domina ormai l’irrilevanza, si può mostrare la verità o l’esistenza di qualcosa e ciò resta cosa morta… Una delle sezioni del libro è intitolata, non a caso L’impostore.

Non più di un’ombra, quella
– sproloquia l’impostore –
fissata un mattino di agosto
da una bomba per sempre in un muro.

La poesia Il delitto è tratta da una sezione che affronta il rapporto fra essere umano e natura. Precisamente si riferisce al dialogo silenzioso fra loro si instaura. Denunciando l’estinzione del silenzio cosa rimane di questo dialogo?

Alta la luce
tu non parli nemmeno con le erbe
al crepuscolo nemmeno con la luna.
E così via, lungo un silenzio
perfettamente estinto.

La poesia da cui tu hai citato questi versi segna una sostanziale differenza da quanto avveniva nei miei libri precedenti, dove la natura e l’io poetico erano interlocutori. In Quarantanove poesie e altri disturbi nessuno parla più con la natura. Per me, il “parlare” con la natura è fonte di grande silenzio; l’assenza di quel dialogare preclude l’esperienza del silenzio.

L’intera raccolta è dedicata a sua figlia Sofia. Quale ruolo ha avuto Sofia nella composizione di queste poesie e quanto vi ritroviamo del vostro rapporto madre-figlia e del vostro rapporto con le circostanze del reale e dell’attuale?

Sofia è colei cui devo l’esistenza di questo mio libro, essendo che mi ha letteralmente domandato di scrivere ancora, mentre da anni non scrivevo più. Se si guarda alla struttura dell’intera raccolta, la sezione centrale, il baricentro, è costituita delle poesie che dialogano esplicitamente con lei: la sezione si intitola Exclave – un territorio circondato da uno Stato straniero. Che si tratti di una zona franca, di radicale prossimità, quella in cui ne va del rapporto di una madre e una figlia?

Resetti in un istante ordini e date
mentre mi dici tu non mi lasci
mamma, tu non muori. In un istante
mi accorgo che sei tu, fra noi due
la radice. Di un tempo stranito, salvato
il seme sei tu, che sei il fiore.

Andrea Carloni

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