Recensione: Jonathan Bazzi, Corpi minori

La recensione di "Corpi minori", romanzo di Jonathan Bazzi, ci porta a contatto con il ritratto di un'intera generazione. Figlio di periferia, fuoricorso, confuso e forse confondibile, sgraziato nello slalom fra relazioni e affitti, assunzioni e ripensamenti, la voce narrante attraversa una Milano descritta a mo’ di monopoli cercando di tenere assieme tutti i pezzi. Soprattutto di fronte all’amore e all’ipotetica sua incapacità di amare. Uno scritto a singhiozzo su un individuo che sgobba nel capire le proprie coordinate nel mondo e i rapporti fra sé stesso e gli importanti altri.

Nella scelta di raccontare storie, porsi al centro e farsi argomento principale non è la maggior dimostrazione di coraggio; in caso di simmetria tra protagonista e autore si mette in luce un gioco del punto di vista, che spesso nulla ci svela sulla sincerità o sulla correttezza delle parole. Il narratore impavido è piuttosto chi sa tradurre in inchiostro lo smacco e gli sgambetti tra interno ed esterno, poco importa che siano i suoi o di un personaggio-altro (o forse anche di un gruppo, d’una fetta o fascia o, aggiungo, una generazione), perché nella resa di quei meccanismi un unico e minuscolo slittamento dalla realtà delle percezioni porterebbe alla crepa che causa il crollo di tutto l’impianto, rendendolo infattibile.

Con il suo secondo romanzo Corpi minori, edito da Mondadori (2022), Jonathan Bazzi sceglie un personaggio all’apparenza banale, raccontabile sommariamente per tasselli banali: figlio di periferia, fuoricorso, confuso e forse confondibile, sgraziato nello slalom fra relazioni e affitti, assunzioni e ripensamenti, adattabile all’ambiente pur senza mai sentirsi o apparire adatto. Lo racconta nel passaggio tra il primo e il secondo decennio del Duemila, vedendolo muovere sul monopoli d’una Milano dettagliatissima (ogni capitolo porta il nome di una sua via) mentre tenta in tutti i modi di non passare dal via, di progredire e avanzare evitando i ritorni indietro e la chiusura asfittica di un cerchio. Come guide ha tutte voci femminili complementari: le grandi filosofe del Novecento, le mistiche del cristianesimo e Carmen Consoli.

Lo amo o non lo amo?

E c’è ovviamente l’amore – qui in ultima posizione e con un capoverso tutto per lui, perché è il sovrano e l’acme delle banalità -, sinuoso in un’onda che scandisce il romanzo in tre tempi, una relazione fallimentare seguita dall’incontro del vero amore e in conclusione i dubbi autodistruttivi su quest’ultimo, vissuto sempre fra carnalità e tentativo di crescita interiore ma soprattutto salmodiato nella sua complessità lungo le inspirazione e le espirazioni che come i petali di margherita giocano sul dubbio dell’amo/non l’amo.

La trascrizione di un mondo

La banalità (intesa, sia sottolineato anche se in ritardo, come comunanza, ritmo conosciuto da molti, moltissimi di noi, oggi) esplode grazie al coraggio di Bazzi nell’analisi dettagliata e puntigliosa dei meccanismi che ogni movimento comporta, col tentativo ben riuscito di ottenere la “trascrizione di un mondo che ramifica da quello che abbiamo sotto gli occhi” per scardinarlo dall’ovvietà e riassettarlo mantenendone la complessa frammentarietà. Anche il sentimento amoroso, vivisezionato con occhio da entomologo, non dà come risultato un prontuario, quanto un resoconto che non zittisce nessun orpello, bello o brutto che sia, del rapporto fra ciò che si ha e ciò che si sente, mentre ci si trasforma fra le mani e dentro lo sguardo dell’altro.

La scrittura

A questa ricerca partecipa in modo fortemente prezioso lo stile di scrittura. Di fronte agli scarabocchi di questa biografia, chi la vive e racconta sente il bisogno di definirla ma non può, è ovvio, classificarla in maniera incontrovertibile; così, l’elemento cardine di quasi ogni singola frase è rinominato due, tre volte, citato sotto definizioni diverse e complementari, con una lingua che di conseguenza si fa lapidaria, tagliente, noncurante del verbo per l’attenzione che si concede alla spiegazione. Preziose sono assieme l’intensità di scrittura e la sua stessa continuità, e il risultato è un barocco che mozza il fiato al lettore.

Le coordinate di un mondo

Se poi il romanzo sia una radiografia della giovane generazione contemporanea, quella che “sente attraverso il sentire degli altri”, è una classificazione che rischia di cadere nel cliché. Indubbio è il fatto che molti degli elementi attuali e propri di questa ampia e complessa fetta di popolazione sono presenti, social e pop star inclusi, influendo pesantemente nella visione che il protagonista ha del e dà al mondo. Ma leggere Corpi minori per rispecchiarsi in un coetaneo o comprendere chi è nato nei decenni successivi al nostro è un impegno limitante; il romanzo di Jonathan Bazzi è anzitutto la bellissima narrazione di un individuo che sgobba nel capire le proprie coordinate nel mondo e i rapporti fra se stesso e gli importanti altri. – Lamberto Santuccio

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