In "La palude", Annie Proulx si addentra nelle zone umide del nostro pianeta. Unendo dati scientifici e ricordi personali, l’autrice invita a riscoprire lo sguardo curioso del bambino verso il mondo naturale, e a riconsiderare le nostre idee sulle paludi. Da sempre descritte come luoghi minacciosi, sotto la sua guida si rivelano ecosistemi vitali e affascinanti, santuari essenziali per l’equilibrio climatico e la biodiversità. La recensione del libro è di Raffaele Cataldo.

Annie Proulx: vita di una naturalista

Con il saggio La palude, edito da Aboca, la scrittrice americana di origini canadesi Annie Proulx si allontana dalle narrazioni che l’hanno resa famosa, dai pascoli dove si consuma l’amore clandestino dei protagonisti di Brokeback Mountain, per immergersi in territori per molti inesplorati: le zone umide della Terra. 

In questi luoghi mutevoli e apparentemente poco invitanti, Proulx è una guida appassionata e generosa, che ai dati scientifici mescola testimonianze e ricordi della propria vita, “quel tempo infantile in cui trovare un’amica nella frangia boschiva significava distinguere un cespuglio di sassofrasso dalle sue foglie a forma di muffola”. La palude, per Proulx, coincide con il mondo rurale della sua infanzia, “fitto di novità” da scoprire: la ragnatela a zigzag di un ragno tigrato, gli occhi strabuzzati delle rane, e tutte le altre “invisibili creature lontane che si tuffavano a nascondersi” nell’acqua.

È difficile, immergendosi nelle prime pagine de La palude, non ripensare a certe poesie di Seamus Heaney, e in particolare alla raccolta Morte di un naturalista, in cui il poeta irlandese lamenta come tutti noi, da bambini, nutriamo una curiosità insaziabile per il mondo naturale — per i girini in fondo agli stagni, per insetti e lucertole —, e come molti poi, crescendo, comincino a perdere interesse per tutta quella la vita microscopica, eppure brulicante e onnipresente attorno a noi. Se continuiamo a interessarci agli animali o alle piante anche in età adulta, un po’ ce ne vergogniamo, temendo l’etichetta di “nerd”.

Alla riscoperta di stagni, acquitrini e pantani

Il libro di Annie Proulx – di cui vi propongo la recensione – è un invito a ritrovare lo sguardo scientifico dell’infanzia. La scrittrice parla al naturalista e alla naturalista che si nascondono in noi, per spingerci a guardare oltre la superficie di pantani e acquitrini, spesso percepiti come luoghi squallidi e malsani, per scoprire invece la loro importanza per l’equilibrio del pianeta.

Attraverso una prosa limpida, dettagliatissima, Proulx ci guida in un viaggio che svela come le paludi siano ben più che semplici distese di acqua stagnante. Queste aree, infatti, svolgono un ruolo cruciale nella conservazione del nostro ecosistema, ospitando una biodiversità straordinariamente ricca e fungendo da enormi serbatoi di anidride carbonica, che altrimenti andrebbe dispersa nell’atmosfera. Quando interveniamo per “bonificare” o “sanificare” le zone umide, insiste Proulx, in realtà stiamo compiendo un atto distruttivo, compromettendo la stabilità climatica e la sopravvivenza di numerose specie, inclusa la nostra.

La poesia della palude

Uno degli aspetti più affascinanti del saggio di Proulx è la sua capacità di unire all’emergenza ambientale l’urgenza letteraria. La scrittrice è abilissima nel restituire a parole le sensazioni, i suoni, gli odori e gli scorci di questi territori mutevoli e delicati. Le zone umide, per Proulx, sono luoghi in cui l’acqua è “un vitreo disco nero che sembra fatto per riflettere le nuvole di passaggio, ma che sotto la pioggia assume l’aspetto del peltro bucherellato”. Sono luoghi dove si può sentire l’odore fresco delle ninfee ammaccate e “la luce si ammorbidisce in un nettare di pesca”, mondi alieni  in cui il terreno è un “tessuto ondulato che assomiglia all’onda delle vertigini che ti travolge prima di svenire, una lenta sensazione di caduta anche se resti in piedi.”

La scrittura delicata, accogliente di Proulx rende questa lettura accessibile anche a chi non ha molta dimestichezza con i testi scientifici, grazie alla capacità dell’autrice di trasformare fatti e cifre in una narrazione da cui è difficile staccarsi. 

La palude, in definitiva, non è soltanto un saggio scientificamente accurato, ma anche un viaggio coinvolgente e commosso, una lente di precisione attraverso cui guardare, per cambiare il nostro sguardo sul mondo e sulla vita del nostro pianeta. ― Raffaele Cataldo.

8 risposte

  1. È una casa editrice che mi incuriosisce molto, ma non sapevo decidermi su cosa cominciare… magari inizio proprio dalla Palude! Complimenti per l’articolo 👏🏻

    1. Sono felice che sia piaciuta la recensione di Raffaele Cataldo. Aboca Edizioni ha un bellissimo catalogo da scoprire.

  2. Questo sito è molto bello e spinge a curiosare tra i libri e le parole. Bravi. Un’oasi di cultura di cui abbiamo bisogno

  3. Molto interessante, lo metterò nella lista dei libri da leggere quest’estate (sperando di trovare ristoro dal caldo afoso in una fresca palude!)

  4. Ho letto con piacere la recensione, che ha il pregio di presentare il volume in modo accattivante, soprattutto ad un’indole come la mia che ama tutto ciò che parla dell’habitat naturale. Aggiungerò il volume alla lista degli acquisti. Grazie.

    1. Ti confesso che il titolo potrebbe essere respingente ma, come hai ben sottolineato, la recensione apre le pagine di un saggio prezioso, con temi importanti su cui riflettere.

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